L’odierno Museo Diocesano d’Arte Sacra (MUDAS) di Catanzaro-Squillace, oggi unica realtà museale, nasce dalla fusione istituzionale delle due sedi distaccate di Squillace e Catanzaro che furono create in due momenti diversi, rispettivamente nel 1984 e nel 1997, dall’allora arcivescovo mons. Antonio Cantisani.
Le sedi, pur mantenendo, ad oggi, le specifiche e singole ubicazioni, relativamente ai due palazzi episcopali, quasi a sottolineare silenziosamente l’originaria e distinta storia delle due diocesi, rappresentano, di contro, un tentativo di dialogo di realtà storiche limitrofe ma, allo stesso tempo, diverse.
Il MUDAS di Catanzaro-Squillace oltre ad interagire, attraverso le sue collezioni, con il ‘museo diffuso’, che è il suo territorio di pertinenza, diventa, esso stesso, paradigma di un complesso itinerario della memoria che si racconta attraverso: la ‘tipologia’ complessa dei beni esposti afferenti a diversi modelli che rappresentano il collegamento tra lo spazio e il tempo; la ‘distribuzione’ nel tempo e nello spazio come aspetto diacronico nello sviluppo storico, sociale e artistico di questa chiesa particolare; l’‘appartenenza’ a questa chiesa diocesana nella quale lo sguardo del pubblico, che è lo sguardo della fede, della storia, della conoscenza o della più semplice curiosità, si riconosce, universalmente, nel museo stesso «fatto di oggetti, di testi, di iconografie» posti «al servizio di una proposta teorica, di un discorso o di una storia».
Il complesso apparato di oggetti che costituiscono allo stesso tempo un ricco patrimonio semioforico, iconografico e simbolico, diventa, al contempo, documento della cultura materiale locale in una continuità interdipendente fra una parte (l’oggetto) e il tutto (la diocesi) in cui la variegata ricchezza artistica delle collezioni esposte, rappresentano, quella quinta essenza evocativa di una realtà intermedia tra spirito e natura, tra macrocosmo e microcosmo, di cui le raccolte museali diocesane sono permeate.
In questi anni, il MUDAS ha operato in tale traiettoria sotto un duplice aspetto: quello congiunto all’‘uso’ e quello legato alla produzione culturale. Il primo afferisce più specificatamente alla suppellettile liturgica e ai paramenti sacri che, pur essendo musealizzati, rappresentano allo stesso tempo beni culturali e beni cultuali che agiscono ancora nell’effettivo uso liturgico, evidenziando all’interno della divina liturgia, Epifania del mistero sublimata dall’incontro tra arte e trascendente, il servizio per il quale sono stati modellati e confezionati. Il secondo interessa l’effettiva natura del museo che è congenitamente in progress, sia nell’acquisizione di opere sul territorio e nell’ambito di collezioni private, sia nel conseguimento di obiettivi culturali.
La nascita e lo sviluppo del MUDAS coincidono con ciò che è proposto dalla Santa Sede e, pertanto, risponde ad una precisa fisionomia: «è un museo “istituzionale”, dal momento che nasce per decisione del vescovo e si pone al servizio della diocesi; è un museo “territoriale”, poiché ha come riferimento l’intero territorio diocesano; è una istituzione non totalmente riducibile al modello museale consolidato, dal momento che insieme a un chiaro intento conservativo ne presenta uno dichiaratamente didattico e connotato in senso ecclesiale».
Alla stregua di altri musei diocesani, le sedi di Catanzaro e Squillace si pongono, quindi, all’attenzione dei fruitori soprattutto perché all’interno di un più generale percorso espositivo, oltre a testimonianze artistiche provenienti da altre realtà ecclesiali, ampio spazio è dato alla storia delle insigni cattedrali attraverso l’esposizione sia del cosiddetto ‘Tesoro’ ma anche di altre testimonianze culturali, opere d’arte e reperti di varia natura di pertinenza dei due maggiori edifici della diocesi, che costituiscono così, all’interno della stessa compagine museale, due sottosistemi che documentano, filologicamente, la traditio ecclesiae, il legame sponsale e l’azione pastorale ininterrotta tra il vescovo, la diocesi e la Cattedrale: mater ecclesiarum.